Arma
Infero è ambientato sul pianeta Muareb, in un futuro lontano dell’Uomo. Un
futuro glorioso? Non è questo il caso. La popolazione si trova a dover
affrontare un pianeta inospitale ed è costretta all’interno di cupole
geodetiche; per uscirne sono necessari scafandri o tute ambientali. Il popolo
di Muareb, conscio di un grande passato ormai entrato nella leggenda, un’epoca
di viaggi spaziali e avanzate tecnologie, vive ora in una sorta di medioevo,
capace di padroneggiare ormai in minima parte le antiche macchine.
Il
romanzo propone una buona storia, che verte in particolare sui cavalieri di
Dragan, una casta di nobili guerrieri che sta a difesa della Falange. La storia
è raccontata da Karan, un uomo anziano che ricorda i tempi della sua gioventù,
quando si trovò arruolato nei cavalieri quasi per caso, vedendo esaudito il suo
più grande desiderio. È un personaggio tormentato, con grandi ambizioni e
tuttavia mai soddisfatto di sé stesso, da cui traspaiono perfettamente emozioni
e sentimenti, aspetto, quest’ultimo, valido per tutti i personaggi del libro.
Karan narra delle vicende che portarono alla tremenda guerra atomica che, al
tempo in cui avviene il racconto, ha fortemente peggiorato le condizioni di
vita, a causa della radioattività ormai diffusa. Da questo punto di vista la
storia è in grado di fare molto riflettere sulle motivazioni che spingono
l’uomo, anche ai nostri tempi, ad intraprendere guerre sempre più sanguinose,
gli interessi politici ed economici in primis. Questo è un pregio, mentre trovo
un difetto l’eccessiva prolissità e la scoraggiante lunghezza del romanzo.
Forse una maggiore sintesi era da considerare.
Le
descrizioni sono molto buone e puntuali, sia riguardo ai personaggi, che
all’architettura o ai mezzi di trasporto. Anche il linguaggio è consono al
tenore del tema trattato e all’ambientazione pseudo-medievale ed è ammirevole
la maestria con cui l’autore ha ricreato una lingua dal sapore arcaico, ma
perfettamente viva ed espressiva.
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